Lo Zen è una forma particolare di buddismo.
La parola zen è un termine giapponese derivato dal cinese ch'an o shan, a sua volta trascrizione del sanscrito dhyana, ossia meditazione. È infatti una corrente del buddismo che ebbe origine in Cina al principio del 6° sec. d. C. Dalla Cina si diffuse in Giappone con il monaco Eisai verso il 1190. Qui lo Zen ebbe grande fioritura e diede vita a numerose correnti (Rinzai, Soto ecc.), molte delle quali ancora attive.
Lo Zen non conosce dèi, non ricerca l'immortalità e non ammette concetti come peccato o anima.
Non è né una religione né una filosofia in senso occidentale; è semmai un sistema di vita. Che cosa fa una persona che segue lo Zen? Essa si educa gradualmente a cogliere la realtà senza mediazioni intellettuali ma vivendola nella pienezza del momento. È la qualità dell'esperienza qui e ora, e non la precisione della ragione, che assume la massima importanza per il seguace dello Zen. La pratica fondamentale dello Zen è lo zazen, che viene intrapresa al fine di ottenere le condizioni ottimali per vedere direttamente in se stessi e scoprire nella purezza della propria esistenza la vera natura dell'essere. Lo Zen crede che la persona comune sia presa in un groviglio di idee, teorie, riflessioni, pregiudizi, sentimenti ed emozioni tali che non le permettono di cogliere la verità e la realtà ma solo frammenti di essa. Lo scopo dello zazen è dunque quello di liberare l'individuo e di consentirgli di entrare in modo pieno e diretto nella realtà.
(approfondimento di Ernesto Riva Copyright © 2002 www.filosofiaedintorni.net)
mercoledì 11 agosto 2010
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